PRIMA PUNTATA
Quando raccontiamo in cosa consiste la nostra attività, spesso riscontriamo una reazione stupita, quasi dubbiosa. Non è chiaro come l’illustrazione possa diventare uno strumento per comunicare, o addirittura affermare un servizio o un prodotto. Eppure la pubblicità nasce proprio con la raffigurazione di soggetti illustrati! Non si tratta, dunque, né di una novità, né di un approccio lontano dai canoni della comunicazione; i primi manifesti tracciarono le basi delle regole pubblicitarie, definendo gli stili ed incarnando i primi grandi brand. Per questo motivo abbiamo pensato di ripercorrere alcuni passaggi storici.
La nascita della pubblicità in Italia
Nel periodo pionieristico del messaggio pubblicitario, i primi illustratori furono soprattutto veri e propri artisti, ideatori di bozzetti e manifesti messi a punto seguendo l’idea dell’illustrazione intesa quale elemento di comunicazione principalmente bello, indipendentemente dal contenuto promosso.
Una rappresentazione che spesso doveva stupire o catturare l’attenzione grazie alla costruzione e composizione cromatica, ma anche attrarre con ironia e a volte persino impaurire.
Il rapporto tra illustrazione e messaggio pubblicitario, è quello per cui uno rafforza l’altro, il prodotto viene rappresentato, o comunque evocato, poi descritto con il suo nome e la sua marca, associato a uno slogan in grado di ribadirne le caratteristiche e le peculiarità. Ci sono marchi celeberrimi quali Barilla, Campari, Cinzano, Motta, Pirelli, in cui il mondo del manifesto produce un incrocio virtuoso tra temi (la donna, gli animali, l’uomo e altro ancora), settori merceologici (tra cui bevande, moda, trasporti, turismo), le scuole (come le grafiche Ricordi, Richter, Chappuis), le prime agenzie pubblicitarie (da Maga ad Acme Dalmonte) e i grandi maestri (quali Cappiello, Dudovich, Mauzan, Codognato, Carboni, Nizzoli, Testa).
Artisti e pubblicitari del ‘900
Il ‘900, universalmente considerato il periodo dei grandi illustratori, è l’epoca d’oro dell’illustrazione come strumento di comunicazione. Per riuscire a capirne l’importanza occorre pensare al manifesto futurista del poeta e drammaturgo italiano Tommaso Marinetti, pubblicato dal quotidiano francese Figaro nel 1909, primo atto formale e pubblico di questa nuova epoca. Viene esaltata la civiltà industriale, con al centro la metropoli moderna, sede di una vita accelerata e, ricca di stimoli sensoriali e intellettivi. Una vera dichiarazione di guerra alla cultura tradizionale e classicheggiante. I padri fondatori di questa nuova visione dell’arte sono Boccioni, Carrà, Russo, Severini.
A seguito di quest’onda, molti artisti si rendono conto di quanto sia importante il fiancheggiamento artistico ai settori produttivi.
In questo modo si persegue il fine di diffondere un certo modo di scrivere e dipingere senza il timore di infangarsi lavorando anche per la pubblicità. Da questa constatazione deriva l’estendersi di criterio dei canoni artistici in ambiti popolari. Li ritroviamo nella moda, nell’arredamento, nella pubblicità.
Inizialmente la pubblicità era molto semplice e immediata. Veniva realizzata soprattutto tramite disegni. La maggior parte della popolazione italiana infatti, era analfabeta e solo pochi sapevano e potevano leggere i manifesti e i giornali. In Italia la comunicazione per tutti si sviluppa particolarmente attraverso le ultime pagine dei quotidiani, settimanali o riviste come la Domenica del Corriere, la Tribuna Illustrata e l’Illustrazione Italiana. Qui appaiono i primi comunicati pubblicitari nei quali, oltre alle mirabili illustrazioni, si iniziano a intravedere le prime ricerche per lo studio di nuovi caratteri di stampa. Uno dei pionieri della cartellonistica e dell’illustrazione pubblicitaria italiana fu il pittore futurista Giorgio Muggiani (1887-1938); egli fu tra gli iniziatori di questa nuova forma d’arte pubblicitaria italiana insieme a Marcello Dudovich, Fortunato Depero, Leonetto Cappiello, Leopoldo Metlicovitz, Arturo Panni, Jean D’Ylean, Enrico Sacchetti, Marcello Nizzoli e altri.
Nel 1914 Muggiani disegnò la testata del giornale Il Popolo d’Italia, modello grafico al quale si sarebbe poi uniformata la gran parte delle altre testate giornalistiche. Le “campagne” promozionali di Cinzano, Pirelli, Società di Navigazione, Rinascente, Lana Gatto, Martini (1921), Biscotti Lazzaroni (1928), Moto Guzzi (1917), Borsalino, Florio, Recoaro e Hair Coloring Tonic (Acqua di Tebe) sono solo alcuni dei suoi lavori più famosi.
Leonetto Cappiello (1875-1942) Durante la sua permanenza a Parigi, nel 1904 con il manifesto Chocolat Klaus esalta l’arte del manifesto, allineandosi alle correnti pittoriche del momento: dall’espressionismo al cubismo e al futurismo; prediligendo la sovrapposizione di colori brillanti dei soggetti su fondo scuro.
Rivoluzionario anche il suo tratto distintivo, dovuto alla scelta, allora innovativa, del punto di vista del soggetto, ribassato rispetto all’altezza degli occhi, consente così di slanciare la figura rendendola iconica e dominante. Egli rivoluziona i canoni della grafica pubblicitaria, i suoi personaggi non hanno più attinenza con il prodotto, ma creano un’immagine-marchio altamente riconoscibile. È lo stesso Cappiello, in una intervista negli anni ’30, a chiarire la sua visione del manifesto pubblicitario moderno: in esso la figura proposta dall’artista è inscindibile dal prodotto stesso. Il prodotto si connota e si caratterizza proprio grazie alla figura rappresentata.
Fortunato Depero (1892-1960) artista a 360 gradi, ha con la Campari un lungo sodalizio. “L’arte dell’avvenire sarà potentemente pubblicitaria” ( 1932). Le sue figure sembrano marionette, le linee sono marcate e le forme sono geometriche. Cubismo e secondo futurismo lo ispirano. Figure si integrano con i caratteri tipografici. Quello stesso anno progetta per Camparisoda la famosa bottiglia a forma di calice rovesciato, su suggerimento dello stesso Davide Campari, come pure con la società Alberti, i collages per il liquore Strega. Per la Schering crea la pubblicità del Veramon. In brevissimo tempo Depero diventerà il più autorevole cartellonista italiano.
Marcello Dudovich (1878-1962), istriano, elegante nello stile è uno dei padri, cioè dei massimi esponenti della pittura grafica pubblicitaria italiana. Il suo percorso, pur con l’evoluzione dovuta ai cambiamenti della storia, è lineare, rispetto a quello di Depero. Le sue donne, presenze assidue delle sue opere, sono armoniose, dalle movenze raffinate, anche quando passa dalla Bella Époque ai modelli post-bellici. Per quasi cinquant’anni non ci fu grande industria italiana che non fece ricorso alla sua genialità nell’inventare ed eseguire gli splendidi cartelloni commissionatogli. Fu anche uno dei più prolifici, disegnò infatti centinaia e centinaia di manifesti. Tra gli altri ricordiamo il riuscitissimo cartellone della Fiat Balilla 1934 e quelli per la Rinascente.